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L’angelo e il demone

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05/10/2014

                                                                               Di Federica Scorpo

Helen quella mattina era in ansia, si svegliò nel suo letto e non poteva crederci dopo tutto quello che le era accaduto non sapeva se la sua vita fosse mai tornata come prima. Scese dal letto e si diresse verso la finestra. Era una delle tante giornate cupe di Londra. “Helen” si sentì gridare nel silenzio. Era la voce di sua madre. “svegliati”. “Si, mamma scendo”. Quello era il primo giorno di psicoterapia con il dottor Mcgive, avevano appuntamento alle dieci. Helen era ansiosa per questo incontro perché sapeva che avrebbe dovuto raccontare tutta la storia, anzi quella storia che in famiglia non si poteva neanche nominare. Si lavò, si vestì e scese al piano di sotto. “Buongiorno mamma” la salutò, “Buongiorno Helen come stai?hai dormito bene?” “Si mamma tutto ok”, tagliò corto Helen. “Certo con tutte le medicine che mi date anche un cavallo, si addormenterebbe” bisbigliò mentre si accingeva a fare colazione. “Presto Helen andiamo o faremo tardi all’appuntamento con il dottor Mcgive”. “ Ok, andiamo”. Prese giubbotto e borsa e si avviò verso la porta insieme a sua madre. Poco dopo si trovo davanti ad un palazzo stile gotico, era lì lo studio dello psichiatra. Entrarono all’interno del grande portone e citofonarono allo studio del dottor Mcgive che si trovava proprio a piano terra. Una donna con gli occhiali sul naso e la coda di cavallo le fece entrare e accomodare. Nella sala d’aspetto non c’era nessuno. Helen sospirò fra sé e sé almeno non avrebbe dovuto aspettare. “Hant, la signora Hant” disse la segretaria. “Sono io” rispose Helen. “Il dottore l’aspetta”. Entrò nello studio e si trovò di fronte un giovane sulla trentina con gli occhiali dalla montatura nera che le andò in contrò. “Piacere Dottor Mcgive” e le porse la mano “Helen Hant”. “Si accomodi pure sulla sedia. “Si grazie. Chiuse la porta e si sedette sulla scrivania proprio di fronte a Helen. “Quanti anni ha Helen, scusi se glielo chiedo” “Trentadue, non sono più una bambina e non credo più alle favole” gli rispose seccamente. “Perché qualcuno ha parlato di favole?”. “No, ma nessuno crede alla mia versione dei fatti, dicono che sono psicotica, che sento le voci, vedo le cose strane, anzi che io sono pazza. Ma non è così.” “Siamo qui per questo Helen per capire cosa le è successo e capire come può riprendere la sua vita”. Si alzò e si sedette accanto a lei sull’altra sedia e prese carta e penna. “Allora Helen mi racconti tutto dall’inizio”. “Si dottore io ho passato un brutto periodo, ho perso il lavoro, il compagno tutto d’un colpo, quindi anche l’indipendenza e per il forte stress sono entrata in un vortice nero di disperazione che mi hanno detto essere depressione. Solo che stavo talmente male che una notte ho tentato il suicidio ma sono stata sfortunata perché mentre ingerivo le pasticche, ho sentito una mano che mi dava una pacca fortissima alla schiena così forte che vomitai tutto. Mia madre si svegliò e si accorse del mio tentativo di suicidio ed esasperata decise di ricoverarmi urgentemente in una clinica psichiatrica”. “Aspetta fermiamoci un attimo hai tentato il suicidio ma una mano ti ha salvato la vita?”. “Lei ci crede agli angeli e ai demoni?”. “Sa, io ho una mente più scientifica se non vedo non credo”. “E allora non può capire”. “Ci proverò glielo prometto”. “Ok, continuo. Era un giorno di pioggia quando arrivai a Villa Saint Clair. Quando con la macchina entrammo nel grande viale alberato che finiva con una fontana, sentì una forte ansia come se doveva succedere qualcosa. Con questo stato d’animo visitai la comunità che, tutto sommato, non era male. Era anche abbastanza colorata e non come me l’aspettavo io grigia e con le sbarre”. Il dottor Mcgive si mise a ridere e disse: “E’ una clinica non un manicomio e c’è una bella differenza”. “Si, infatti, il primo mese mi sono trovata bene anche se odiavo le regole e la confusione della mattina. Specialmente quando c’era in turno l’infermiera Angela, una signora robusta, che faceva tremare i muri quando gridava. Non faceva altro che gridare e chiamare: “Helen sistema il tuo comodinooooo, Albert sposta quelle scarpeeeee, Rosemary cambia le lenzuolaaaa.” Il Dottore divertito chiese a Helen: “Che attività facevate in comunità ?” Diciamo che si puntava molto sullo “scacciapensieri” io lo chiamavo così. Si pulivano le stanze, si stendevano i panni, si usciva per fare colazione fuori. Poi c’erano diversi progetti educativi, artistici, manuali…”. “E tu partecipavi?”. “All’inizio sono entrata nel ritmo solo che io avevo bisogno di un posto dove riposare, e non dove sbattermi a destra e a sinistra, anche se era per riabilitarmi. Poi mi piace scrivere quindi volevo i miei spazi e i miei momenti di solitudine. Comunque tutto procedeva bene anche con le mie compagna di stanza”. “Me le descrivi” le chiese il dottore. “Di fronte a me dormiva Sophie una signora francese dolcissima con cui ho legato affettivamente. Bionda, occhi piccoli e chiari, capelli corti, distratta e maldestra. Aveva il vizio di ridere da sola e poi quando stava male diceva che tutti la prendevano per una poco di buono. Accanto a me alla mia sinistra dormiva Katy, una giovane zingara, con gli occhi grandi e neri e i capelli arruffati, che sembrava aver vissuto nella giungla ma era tenera e le volevo bene. Il primo mese è stato di adattamento e di conoscenza. Poi conobbi Daniel e me ne innamorai all’istante. Un ragazzo ribelle e aggressivo che però nascondeva un grande cuore e ci siamo avvicinati moltissimo, anzi siamo diventati inseparabili.” “Da come parli sembra che andava tutto bene”. “ No, perché io stavo malissimo e piangevo sempre, ero emotivamente distrutta”. E poi cosa è successo che ti ha sconvolta tanto?”. “ Una mattina mentre c’era la solita confusione della sveglia, c’c’era di turno Angela che gridava ed io iniziai a sentire chiamare il mio nome “ Helen” ma la voce era maschile, all’inizio non ci feci caso poi diventò sempre più frequente. Inoltre, vedevo passare un’ombra oscura da una porta all’altra, la vedevo nel corridoio, la vedevo ovunque. Ne parlai con i medici che mi dissero che era lo stress e l’ansia ma io avevo qualche dubbio in proposito. Una notte stavo dormendo quando mi sentì toccare due volte la spalla mi svegliai di soprassalto, alzai gli occhi e ai piedi del letto c’era Katy che mi guardava con gli occhi pieni di odio e con una voce che non era la sua mi disse: “Tu morirai”. Poi si girò e se ne tornò a letto. Io restai bloccata senza fiato, non sapevo che pensare, che fare. Non riuscì più ad addormentarmi. L’indomani mi svegliai prestissimo, tutti dormivano, penso di aver dormito qualche ora ed ero distrutta. Andai in bagno per sciacquarmi la faccia e uscì alzai gli occhi e trovai tutti gli armadietti e cassetti aperti. Gettai un grido ma non mi sentì nessuno. Chiusi tutto, presi le sigarette e uscì dalla stanza e me ne andai in cortile a fumare una sigaretta mentre ancora tremavo. Dottore pensa ancora che io sia psicotica?”. “Non posso pronunciarmi ma queste allucinazioni possono capitare, come potrebbe essere un sogno che lei ha vissuto…”. “Voi dottori nemmeno davanti all’evidenza capite comunque mi aveva promesso di ascoltarmi senza giudicare”. “Si ha ragione, prosegua pure”. “Dov’ero arrivata. Durante la giornata osservai Katy e non era più lei aveva lo sguardo perso e quando incontrava il mio sguardo mi fissava sorridendo. Raccontai tutto a Daniel che al contrario di quello che pensavo mi credette subito e mi disse: “Stai attenta a Katy è sempre una zingara…”. “Io in effetti le avevo dato molta confidenza ed eravamo diventate amiche. Ma io sentivo che in lei era successo qualcosa , quando mi disse “Tu morirai” non era una premonizione da zingara, io la percepì come una promessa fatta da lei. Qualcosa le era successo ma non sapevo cosa. E soprattutto qualcosa mi aveva protetta svegliandomi. Stava succedendo qualcosa intorno a me e non sapevo cosa. Di sera entrai nella mia stanza e trovai Katy che si cullava velocemente sul letto e piangeva lamentandosi. Mi avvicinai per aiutarla ma si girò di scatto e mi gridò: “Puttana”. E con la coda dell’occhio sentì girare il rubinetto del bagno e uscire il vapore dell’acqua calda. Mi avvicinai lentamente, entrai nel bagno mentre allo specchio si formava la parola Daniel. Corsi subito verso la stanza di Daniel, era un avvertimento. Bussai e mi aprì e gli saltai con le braccia al collo. “Daniel stai attento…” e gli raccontai l’accaduto.” Non ti preoccupare per me, adesso ti accompagno nella tua stanza e sto con te finchè non ti addormenti”. “Ok, grazie”. Ci avviammo verso la stanza, Katy non c’era più e neanche la scritta. Mi infilai nel letto con accanto Daniel che mi coccolava, finchè non mi addormentai. La mattina mi sveglio un gran vociare, uscì fuori dalla stanza in pigiama per veder cosa fosse successo e vedevo tanta gente davanti alla stanza di Daniel. Corsi sul posto con il presentimento che fosse successo qualcosa a Daniel. Strattonando entrai nella stanza. Daniel era per terra con un coltello infilzato nel cuore. Io cominciai a piangere e a gridare a squarcia gola: “Daniel, noooo”. D’altronde ero stata avvisata ma chi poteva immaginare tanto orrore.”. “Quindi hai subito anche un lutto…”. “ Me l’hanno ucciso e non so perché. Dato che l’obiettivo ero io, lui che centrava? Era stata Katy ne ero sicura. E lo dissi alla polizia raccontandogli tutto quello che mi era successo fino a quel momento ma ovviamente non mi credettero e mi aumentarono i farmaci. Non solo mi mandarono per un periodo a casa. Fu a casa che conobbi Angel. “Chi è Angel? Chiese il dottore. “Dottore lei è religioso?”. “Non tanto, la mia fede è la scienza”. “Beh le farò cambiare idea. Ero a casa scesi nel giardino e mi misi nell’altalena di quand’ero bambina a riflettere mentre scendeva qualche lacrima per Daniel. D’un tratto sentì una voce che diceva: “Lui non vorrebbe che fossi triste e poi è in Paradiso…” Mi girai di scatto ed era un ragazzo vestito di nero appoggiato nell’altro albero accanto al mio. “E tu chi sei? Che ne sai?”. “Io chi sono? Il tuo angelo custode. Dio mi ha mandato sulla terra per proteggerti perché sa che un Demone vuole impossessarti di te ma non ci riesce perché tu hai il cuore troppo pulito allora te la vuole fare pagare portandoti alla follia fino ad ucciderti”. “Ma che stai dicendo? Demoni, Dio.” “Si, solo tu lo puoi sconfiggere. Non è stata Katy a uccidere Daniel ma lui attraverso Katy. “ Ma tu come fai a sapere tutte queste cose?” Te l’ho detto sono il tuo angelo custode”. Ma gli angeli non hanno le ali?”. E si aprirono due meravigliose e scintillanti ali bianche. “Così va meglio?”. “Oh cielo, sto diventando veramente pazza!”. “Allora sei tu che mi hai protetto e avvisato nei momenti di pericolo?”. “Si ero io”. “Allora perché non hai salvato Daniel?”. Io posso salvare solo te, questo è il mio compito”. “Ma dimmi come dovrei sconfiggere questo demone io che piango per nulla”. “Lo scopriremo al momento opportuno”. “E così hai parlato col tuo angelo custode …” “Ci crede dottore?”. “Ci devo credere se devo seguire la tua storia. E poi che successe”. Tornai in comunità e mi sentivo più tranquilla sapendo che c’era Angel, adesso lo vedevo dappertutto. Una sera sentivo dei lamenti dal corridoio, guardai il letto di Katy ed era vuoto. Così uscì dal mio letto e mi diressi verso la voce. Camminai per tutto il corridoio buio e arrivai fino alla hall, dove la voce era più forte. “Katy sei tu” chiesi con la voce tremolante e la trovai rannicchiata in un angolo della grande sala d’ingresso della comunità. “Che stai facendo qui? Che hai?”. “Sono triste”. “E perché?”. “Perché tu morirai”. “Io non morirò” le dissi per confortarla. “Sei Sicura” gridò e si avventò verso di me con un coltello enorme tra le mani. Io chiedevo aiuto ma la voce non mi usciva. Ero stesa per terra con Katy sopra e un coltello a un centimetro dal viso quando intervenì Angel. Lottarono un po’ e quel coltello finì dritto nel cuore di Katy. Io piangevo disperatamente perché sapevo che Katy non centrava nulla. Quando Katy cadde per terra usci dal suo corpo un’ombra che prese la forma di un uomo. “Ci rivedremo”mi disse con gli occhi infuocati e scomparve nel buio del corridoio. Io saltai al collo di Angel, piangevo come una bambina. La scena dopo era completamente diversa. Mi ritrovai seduta su un’ambulanza con una coperta, c’era tanta gente intorno. Poi si avvicinò un poliziotto che mi sussurrò all’orecchio “Tu morirai”. Capì che non era finita, e che forse era solo l’inizio. E poi eccomi qua a parlare con lei. Mi hanno accusato di tutti e due gli omicidi sia di Daniel che di Katy, non hanno creduto alla mia versione. E adesso in base a quello che scriverà lei, si deciderà della mia vita”. Improvvisamente si apri la finestra ed entrò una folata di vento. “Beh, quello che ti posso dire Helen” gli disse il dottore dandogli per la prima volta del tu “ e che te l’avevo detto che ci saremmo incontrati di nuovo e mi dispiace ma tu morirai, ora” ed estrasse da dietro di se un coltello. Helen si alzò dalla sedia e scappò verso la porta gridando aiutò ma la porta era chiusa. Lottarono tra loro, Helen era stretta nel muro e il dottore gli stringeva i polsi. Poi Helen cominciò a pregare: Kirie eleison, Signore Dio nostro, o sovrano dei secoli potente e onnipotente, tu che hai fatto tutto e che tuutto trasformi con la tua sola volontà, tu che a Babilonia hai trasformato in rugiada la fiamma della fornace sette volte più ardente e che hai protetto e salvato i tuoi santi fanciulli; tu che sei dottore e medico delle nostre anime; tu che sei la salvezza di coloro che a te si rivolgono, ti chiediamo e ti invochiamo, vanifica, scaccia o metti in fuga ogni potenza diabolica, ogni presenza e macchinazione satanica, e ogni influenza maligna… Non finì che il dottore posseduto dal demone cadde a terra e cominciò a dimenarsi ed Helen continuava a pregare finchè davanti agli occhi di Angel, che nel frattempo arrivò, l’ombra oscura non uscì dal corpo del dottore infuocata. Helen non smise di pregare finchè la fiamma non si spense. Il demone fu sconfitto. Sei mesi dopo Helen usciva dalla comunità per riprendere in mano la sua vita e salutò i suoi compagni d’avventura con una festa in comunità. Mentre era in balcone a fumare una sigaretta le si avvicinò Sophie. “E’ un peccato che te ne vai, mi mancherai” le disse. “Anche tu Sophie” e si abbracciarono. Poi prima di entrare si girò e le disse “ Helen comunque tu morirai”.